Molte città del Veneto e Trento erano già ammesse alla cittadinanza romana al tempo di Claudio, e grande fu dovunque l'influsso idiomatico della lingua latina, specie nei centri di civiltà e lunghesso le vie militari, con quelle reazioni fonetiche dei provinciali, determinate, specie in alcune valli remote, da abitudini organiche. Nel Trentino e nei territorii adiacenti durò così quella zona di dialetti latini, che si estendeva con più o meno intima continuità dai Grigioni al Friuli; ma dove non si erano radicati con sufficiente forza, per la varietà del sustrato etnico, meno adatto del trentino a ricevere l'innesto romano, furono travolti dalle invasioni alemanne dei primi secoli dell'êra volgare, e solo si salvarono dal naufragio le colonie dei fuggiaschi riparate tuttodì nelle valli di Badia, Livinallongo ed Ampezzo. Queste invasioni lasciarono invece poche traccie nel Veneto e nel Trentino, sì che il confine linguistico non scese mai sotto San Michele, mentre ancora nel 1500 l'italiano era il linguaggio comune di Bolzano, come oggi vi è sempre più largamente parlato ed inteso. Le oasi tedesche rimaste nel Trentino, in quelli che andavano sotto il nome di Tredici Comuni veronesi e di Sette Comuni vicentini, ed in qualche altro punto del Veneto ebbero alimento dalla soggezione imperiale dei vescovi di Trento, dalle emigrazioni dei minatori del Tirolo e della Boemia, che allora attendevano, a preferenza degli italiani, ai lavori sotterranei, dall'arrivo di boscaiuoli o di pastori tedeschi mandati dai signori del Tirolo dove possedevano qualche arimania, e dai naturali rapporti di vicinanza.
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