In molti villaggi usano ancora antichi scialli stampati, che danno al viso molta grazia; diffusissimo poi è l'uso di portare sui capelli almeno una veletta nera o bianca. Singolari costumi durano ancora in occasione di funerali, di nascite, specialmente di matrimoni. Ma più che altrove il Ligure è originale nelle feste, che celebra con grande solennità di luminarie, con spari interminabili di mortaretti, con baldorie pantagrueliche. Nelle festività più solenni accorrono anche da lontano numerosi pellegrini ai santuari più remoti, che negli altri 364 giorni dell'anno restano silenziosi e per lo più chiusi. Da quello, fra tutti celebre, della Madonna della Guardia, presso Genova, cui si accederà tra non molto con una funicolare, tutti tornano colla resta (una corona di nocciole) e col canestrello avvolto alla cintola, recando un mazzolino di fiori, composto di calluna vulgaris e di carlina acaulis, ed il ramo di castagno coi gusci semiaperti.
Il dialetto ligure, sebbene abbia molta affinità col corso, col sardo meridionale, col toscano e con quello di alcune parti dell'Apennino emiliano, è però distinto per vari caratteri proprii, tra i quali prevale la conservazione abbondante delle vocali protoniche, e più specialmente delle atone finali n ed e, che danno al dialetto genovese la sua fisonomia caratteristica. Da un lato va a confondersi colle favelle occitaniche, dall'altro col toscano, e si potrebbe dividere in due sezioni, denominate come le due Riviere, se il dialetto di levante non si estendesse dalla Magra fino oltre Genova e nei pressi di Finalborgo.
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