N. 61. -- GENOVA E DINTORNI.
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Più potente di Pisa, Genova, non era però tanto grande da vincere Venezia nella lotta per la preponderanza commerciale. Essa non aveva l'immenso vantaggio di quest'ultima, la libera comunicazione coll'Europa germanica e scandinava a mezzo d'un passo delle Alpi. Così nel 1379, sebbene i Genovesi fossero riusciti ad impadronirsi di Chioggia ed anche a bloccare momentaneamente i propri rivali, l'influenza di Genova nella storia politica fu assai minore di quella di Venezia. Il suo posto nel movimento generale delle scienze, delle lettere e delle arti fu pure relativamente molto inferiore; Genova vanta meno scrittori, pittori, scultori di parecchie piccole città della Lombardia e del Veneto. I Genovesi avevano una volta fama di violenti ed ingannatori, avidi di lusso e di potenza, noncuranti di tutto che non procurasse loro danaro o potere. "Mare senza pesci, monti senza alberi, uomini senza fede, donne senza pudore, ecco Genova!", diceva un antico proverbio, ripetuto dai nemici della città ligure e dimenticato nella fraterna unione delle genti italiane. Le vivaci discordie fra le nobili famiglie genovesi che tendevano ad impadronirsi della cosa pubblica erano quasi continue, sebbene sopra le lotte dei partiti l'immutabile Banco di San Giorgio, vera repubblica nella repubblica, continuasse a maneggiare tranquillamente il commercio, e l'oro e le ricchezze non cessassero di affluire nella città. A cotesto modo Genova potè fabbricare i sontuosi palazzi, i colonnati di marmo, i magnifici giardini pensili, che le valsero il nome di "Superba".
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