Fin dal principio del secolo si allontanarono i cimiteri dalla chiesa e dall'abitato, e sono state soppresse le fosse comuni, che ancora si trovano persino nei centri più remoti dell'Appennino ligure. Il gozzo è quasi sconosciuto, la sifilide relativamente scarsa; v'è invece in alcuni centri delle Romagne una speciale malattia, l'anemia dei minatori di zolfo, provocata dall'anchilostoma duodenale, come è frequente l'afta epizootica dei bovini, facilmente comunicabile all'uomo.(279)
La flora e la fauna della regione presentano poche diversità da quelle della pianura padana che già conosciamo. Sebbene ancora non manchino del tutto le conifere, queste non costituiscono quasi mai una zona boschiva superiore, ad eccezione dell'abete bianco (abies pectinata) che, piantato da non molti anni sull'Appennino modenese e pistoiese, dove già formava antiche ed estesissime selve, costituisce oramai boschi considerevoli, sostituendosi alla primitiva vegetazione del faggio che copriva, ancora a memoria di chi scrive, tutta la regione sorgentifera del Taro, e forse altre. Il pino di Scozia dalle Alpi si è sparso anche in qualche parte dell'Appennino emiliano, come del ligure, e scende di raro sino ai 300 metri, come non supera i 1800. Il faggio primeggia intorno ai 1000 metri, colle sue belle foreste, di gran lunga più lussureggianti di quelle delle Alpi, per la natura geologica e mineralogica delle stesse montagne, dove trovò un sustrato propizio al suo sviluppo. Il cerro scende anche più basso, come il rovere e il castagno, che si trovano fra 800 e 300 metri, e costituiscono in qualche luogo l'unica produzione, a non parlare dei funghi, che crescono e si raccolgono in tutti questi boschi.
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