ne le fresche acque alpestri ch'ei salutavan Reno,
ai quali Roma tolse le terre; più esattamente su tutti gli abitatori dominarono le legioni ed i coloni di Roma, certo senza distruggerli, chè la terra ampia ed ancora ferace e coperta di foreste e paludi consentiva ai crescenti suoi abitatori facile alimento.
N. 75. -- COLONIE ROMANE IN ROMAGNA.
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I Romani lasciarono, già dissi, traccie profonde di monumenti, di memorie, di tradizioni, e basterebbe quella via Emilia, che, innestandosi in Rimini colla Flaminia, accennava da Piacenza alle campagne di Lombardia ed all'Appennino ligure, traversando da un capo all'altro, con un rettifilo quasi costante, che ben poche mutazioni subì nei secoli in tutta la regione. Chi segua questa via meravigliosa tra Cesena e Bologna, ed anche in molte località delle tre provincie di Modena, Reggio e Parma, ammira per lunghi tratti sentieri e fossati uguali, tutti perfettamente paralleli, equidistanti e perpendicolari alla grande strada, dirigersi a ponente verso la bassura padana, tagliati ad angoli retti da altri viottoli, sentieri, fossati ugualmente regolari, per modo che i campi hanno la stessa superficie. Dai contrafforti dell'Appennino o da qualche vecchia torre urbana sembrano immensi scacchieri di verdura e di messe, e furono appunto le antiche centurie romane, che Tito Livio narra come, tolte ai Galli, venissero misurate, cadastrate, divise fra i coloni romani, per modo che a ciascuno toccarono circa 50 ettari. Le guerre e le invasioni, che hanno nei secoli distrutte tante città, rovesciati tanti monumenti, sconvolti interi territori, non spostarono quivi i sentieri, non alterarono i solchi confinali dei campi, segni evidenti dell'antico lavoro censuario, come si vedono sull'antica via Postumia, fra Padova e Treviso, e in pochi altri luoghi.
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