Finalmente i lavori incominciarono alla metà del secolo decimottavo, sotto la direzione del celebre Fossombroni. Allo sbocco d'ogni torrente laterale vennero costruiti bacini di colmata(347), dove andavano a depositarsi annualmente i detriti staccati dal fianco delle montagne. I luoghi paludosi andarono per tal modo colmandosi gradatamente e il terreno si solidificò; il livello della vallata gradualmente innalzato sulla linea di divisione scelta dagli ingegneri diede alle acque il movimento di cui mancavano e mutò in un puro ruscello il pantano stagnante. La pendenza generale della pianura superiore venne invertita e l'Arno si arricchì di un affluente di 74 chilometri di lunghezza il quale, per più di due terzi del suo corso, aveva appartenuto al Tevere. L'aria della valle, dapprima mortale, diventò una delle più salubri d'Italia. L'agricoltura s'impadronì delle terre riconquistate, e venne per tal modo aggiunto al territorio toscano uno spazio di 130 chilometri quadrati; i villaggi, prima abitati da una popolazione di febbricitanti, si trasformarono in ricche borgate con robusti coloni. La riuscita dell'opera così a proposito detta di "bonificazione" fu veramente completa. Le acque libere servirono a compiere l'opera della regolare distribuzione delle alluvioni sopra uno spazio di 20,000 ettari per un'altezza media di 2 a 3 metri; queste acque, come avrebbero potuto fare intelligenti operai, depositarono oltre 500 milioni di materiali. Questa grande opera di prosciugamento, nella quale l'uomo ha così mirabilmente diretto la natura, è divenuta il modello di tutte le imprese di simil genere, ed è stata imitata con pieno successo anche nella stessa Toscana.
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