Situata al centro della penisola, la Toscana non può avere una flora distinta. Le sue specie vascolari erbacee sono quelle di tutto l'Appennino, e sui monti crescono, come altrove, le foglie strette, lineari ed aciculari, del tasso, del ginepro, dell'erica carnicina, della scopa, quelle minute e squamiformi della grecchia, persistenti come nel mirtillo e nell'agrifoglio, per formare tutte, specie nel suolo siliceo, fitte boscaglie di arbusti nani. Tra essi sorgono qua e là le foglie caduche, ora composte come nei rovi, nei sorbi, nell'avorniello, nel sambuco, nel frassino, ora semplici come negli arbusti della lantana, del corniolo, della sanguinella, del nocciuolo, del biancospino, e negli alberi cassici, ontani, pioppi, olmi, tigli, aceri, salici, baccarelli. A varia altezza si spinge, secondo Caruel, l'olivo, 300 metri nell'agro aretino, 400 nel pisano, 500 presso Firenze, 560 nell'Appennino lucchese. La regione mediterranea offre la stessa flora della Liguria, e questa e quella sono state dovunque modificate dalla mano dell'uomo colla introduzione delle colture comuni alle altre parti dell'Italia peninsulare. Una singolare florula lacustre esisteva nel lago di Bientina, scomparsa in seguito al prosciugamento, ed era l'ultima reliquia di una flora maggiore, che nel periodo glaciale si estendeva forse sui prossimi monti pisani.(359)
La fauna toscana è stata illustrata specialmente da Enrico Hillyer Giglioli, che raccolse nel museo di Firenze circa quarantamila esemplari di vertebrati, la maggior parte comuni non solo a tutte le regioni d'Italia, ma all'intera zona mediterranea.
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