Così la Toscana potè meritarsi il nome di giardino d'Italia, e potrebbe dirsi la regione meglio coltivata d'Italia se fosse possibile il raffronto tra le vaste colture della valle padana e le sue culture miste, che mal si prestano a raffronti statistici. Fuor dei latifondi maremmani, la Toscana è quasi tutta coltivata a mezzadria; proprietari intelligenti e zelanti, ormai ricchi di capitale, dividono i prodotti del suolo con agricoltori operosi, generalmente in buone condizioni economiche. Gino Capponi reputava cotesto sistema agricolo "essenzialmente connesso con la nostra esistenza, l'assoluta condizione del nostro essere, la necessità fisiologica del nostro paese". La mezzadria ha certamente i suoi inconvenienti, ma in questo paese i contadini stanno meglio che in qualsiasi altra parte d'Italia, e questo basta al successo del sistema agricolo della mezzadria. Del resto, il suolo si divide anche qui in tre zone: quella dei monti, dove non prospera la vite, si alleva il bestiame e si comincia ad avere un po' di cura dei boschi, ed occupa circa due decimi della Toscana; la zona delle colline che ne occupa la metà, con la promiscua coltivazione dei cereali, dell'olivo, della vite, e comprende le crete senesi, i mattaioni di Pisa, le colline a piccola coltura, dove si allevano ovini, suini, pochi bovini; la zona della pianura, di poco superiore a quella dei monti, a grande coltura estensiva o promiscua, od a piccola coltura per lo più con irrigazioni.(370)
Fra i prodotti agrari non possiamo però noverare quello dei boschi, che le Repubbliche industri ed i conventi avevano contribuito a conservare, e dopo Pietro Leopoldo si distrussero con feroce accanimento, recando al clima, al suolo, all'agricoltura, al regime delle acque, alla salute degli abitanti danni incalcolabili.
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