Non esiste più che allo stato selvaggio, se pure è la stessa, la pianta che in altri tempi formava la ricchezza della Cirenaica, il silphium o laserpitium, il nome della quale era passato in proverbio per il più prezioso tesoro. Scrittori antichi affermano sia a poco a poco sparita; Schroff, Oersted, Ascherson ed altri autori moderni sono di parere che quel vegetale, tanto apprezzato dai Greci e dai Romani come medicina, non sia che una specie di assafetida; però la maggior parte dei naturalisti ritengono vera l'ipotesi del Della Cella, primo esploratore di quei luoghi: secondo lui, il silphium è il drias o adrias degli indigeni, la thapsia garganica dei botanici. Sulle monete della Cirenaica è rappresentata esattamente questa ombrellifera, sebbene la forma ne risulti un po' ingrossata ed il frutto sia ritratto con contorni troppo cordiformi(22). Come il succhio indurato del silphium antico, che si conservava nel tesoro dello Stato e che equivaleva, in valore, all'argento, il liquido estratto dal drias è dagli indigeni considerato una vera panacea, usata a preferenza per le piaghe degli animali; in Europa, Heinzmann, ha mostrato che questa pianta dovrebbe far parte della farmacopea moderna per i suoi effetti depurativi. Sebbene non sia conosciuta alcuna apparente differenza fra la thapsia garganica dell'Algeria e quella della Cirenaica, nondimeno deve esserci qualche carattere speciale, perchè quella dell'Algeria non ha alcun effetto medicinale, e i cammelli possono mangiarla senza pericolo; il drias di Barca invece cagiona loro la morte; eguale effetto produceva il silphium(23).
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