Di là verso il mare si stende l'altipiano di Tar-hôna (300 metri), la cui superficie piena di argilla offre qua e là alcune pustule vulcaniche; non è però una montagna come viene rappresentata sulle carte. A nord-est, un altro Giebel Msid, pure riputato montagna sacra, sulla quale sta una zauia o monastero musulmano, limita da un lato il piano di Tar-hôna, dall'altro le colline di Bondara e di Mesellata, le cui moli si prolungano fino alle rive del Mediterraneo. In una di queste alture, il giogo della quale si divide in tre vette, il viaggiatore Barth credette ravvisare la montagna delle Tre Grazie di cui parla Erodoto, sebbene lo storico greco la ponga molto più innanzi nell'interno.
      La Tripolitania propriamente detta, sebbene più grande di metà della Francia, non ha neppure un fiume perenne. Durante la stagione delle pioggie, imponenti cascate piombano dall'alto dei picchi del Ghurian e del Yefren nei rigagnoli inferiori, e spesso le acque fangose si aprono traverso le sabbie, ragunate sul loro letto, un passaggio fino al mare. Barth afferma d'aver udito dire dagli indigeni che nel 1806 l'uadi el-Gasas, disceso dal Giebel Yefren, formò con gli altri torrenti della vallata un fiume che s'aprì uno sbocco traverso i palmeti di Zenzur, ad ovest di Tripoli, e con le sue alluvioni fece divenir rosso il mare fino all'isola di Gierba, a 200 chilometri di distanza. La maggior parte degli uidan, o letti di uadi, ha una grande larghezza e sponde alte, il che prova l'abbondanza effimera delle acque, le quali non tolgono ai mercanti che seguono la stessa direzione della vallata di servirsi del fondo sinuoso dei torrenti come di strada, senza dover rimpiangere, tranne forse nella stagione delle pioggie, i ponti romani, le cui rovine s'incontrano qua e là sulle strade più frequentate.