Tra queste corre uno spazio tanto stretto che, secondo Barth, un uomo non vi può stare se non è d'una estrema esilità. Presso le rovine d'un tempio, alla base occidentale del Msid di Mesellâta, si vedono sei di codesti cromlechs ancora ritti, gli altri a terra. Lo stile quasi romano dell'edificio lascia supporre che i costruttori dei megaliti vivessero nel tempo in cui quel paese era già sotto il dominio dei conquistatori italiani. Sopra uno de' portici, un animale scolpito ricorda la lupa romana(105). Ci sono però autori che invece di ritenere che i «biliti» ed i «triliti» siano monumenti religiosi, li considerano semplici corniciature di pareti, costruite, secondo l'uso, con materiali molto più solidi che le pareti delle case. Le porte delle case rimanevano ritte in forma di cromlech, mentre il resto della casa cadeva e si eguagliava al suolo(106).
      Se l'elemento berbero domina nella popolazione di montagna e degli altipiani, gli Arabi, più o meno mescolati, prevalsero nella pianura. Nomadi, amano le vaste estensioni per poter cacciare innanzi a sè le mandre, cangiare a lor voglia di luogo cercando abbondanza d'erba e d'acqua, salubrità d'aria, relazioni di vicinanza. L'Arabo non ama la foresta; vi appicca anzi, il fuoco, perchè l'erba cresca invece della legna. In questa guisa l'altipiano tra i monti Ghurian e le colline di Mesellâta fu interamente devastato, nè vi rimase un solo albero. Gli Arabi della Tripolitania, come tutti i popoli nomadi che in causa della loro stessa dispersione finiscono in una moltitudine di gruppi diversi di tradizioni, di costumi, di interessi, si dividono in tribù differenti le une dalle altre, sebbene il ricordo della parentela di origine passi a diverse generazioni.