È però diminuita l'esportazione, ma gli schiavi che non vengono spediti ai porti della Tripolitania o in Egitto per la via delle oasi di Augila e di Siuah restano in paese ad accrescere il numero de' servi. Secondo Nachtigal, dai cinque agli ottomila schiavi l'anno traversavano il Fezzan verso la metà del secolo. Verso il 1870 il numero, onde si componevano le ciurme di passaggio, era diminuito di due terzi. Accade di raro che i neri che restano in paese, abbiano da maledire il loro destino, giacchè sono del tutto considerati come membri della famiglia che li ha comperati. Dei fuorusciti, alcuni ritornano in patria, non come fuggitivi, ma come rappresentanti degli interessi dei loro padroni. I costumi degli abitanti del Fezzan sono d'una grande dolcezza, ma nello stesso tempo di grande rilassatezza. Molti fanciulli sono abbandonati sulle soglie delle moschee e dei monasteri. Chi ne raccoglie uno, diviene il padre adottivo, nè manca di trattarlo come i suoi figli.
La diminuzione del commercio degli schiavi non fu per gli abitanti del Fezzan compensata con alcun altro traffico. Il solo prodotto d'esportazione di qualche importanza consiste in alcune centinaia di barili di soda dei «laghi di Natron» che vengono venduti a Tripoli. Non è più il tempo in cui la polvere d'oro, l'avorio, le piume di struzzo insieme con la vendita degli schiavi, facevano ricchi i mercatanti del Fezzan. D'altra parte costoro, in fatto di commercio, non poterono mai far fronte ai popoli di Gadamés, di Giofra, d'Augila, e sebbene le derrate che vengono spedite fra il litorale ed il Sudan, passino sul loro territorio, non ne traggono che scarso profitto.
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