Nelle comunità berbere, dove lo spirito democratico è più forte che negli Arabi, la direzione degli interessi generali è affidata ad un'assemblea, la giema, alle cui deliberazioni tutti possono assistere liberamente. Essa ripartisce le imposte, giudica i delitti ed i crimini, fissa le ammende, e nei casi gravi decreta l'esilio. Ma nelle città importanti, come Gadames e Rhat, il governo modificò a suo profitto le istituzioni locali, eleggendo un mudir, incaricato di riscuotere con regolarità i contributi. Costui è assistito da un Consiglio o megieles, composto d'un mufti, d'un sceich el-beled e di quattro abitanti notevoli, scelti dai loro pari e confermati dal pascià sulla presentazione del mudir. L'assemblea si occupa principalmente di affari commerciali e le sue decisioni sono esecutorie anche se un solo membro sieda col governatore. Regola gli interessi specialmente comunali la giemaa, eletta dagli abitanti dei vari quartieri. Un cadì, od un naib (luogotenente) del cadì di Tripoli giudica circa le successioni, i matrimoni ed i divorzi. Di mantener l'ordine nelle contrade e condurre i delinquenti innanzi ai capi di polizia sono incaricati alcuni gendarmi, o zaptiè, armati di bastoni; essi generalmente sono persone esiliate da Costantinopoli. La maggior parte degli alti funzionari di Tripoli e di quelle provincie per null'altro furono ivi mandati che per un capriccio del sultano.
Nella Tripolitania orientale, le popolazioni sono quasi tutte rette dai capi dell'ordine religioso degli Snusi, che comandano direttamente come nelle oasi di Cufra, non ancora violate da soldati turchi, o col mezzo degli impiegati ufficiali, i quali si contentano di ricevere la loro parte di profitti locali.
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