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      Foreste di grandi alberi fronzuti coprono quasi tutte le chine e da molte cime non si vede intorno nel cerchio immenso dell'orizzonte che l'oceano sterminato di verzura. Bruschi dirupi, strette vallate s'aprono a guisa di labirinto in codeste montagne, percorse da ruscelli che discendono a sud verso la Megierda, ad ovest verso l'ued el-Chebir, o a nord verso i seni del Mediterraneo. Alti promontori si protendono ne' flutti; così il capo Rus (Roux), che segna la frontiera comune di Tunisi e d'Algeri con le sue scarpe e fortificazioni in rovina. Più lungi, verso est, il Giebel Mermal protende un altro capo, al cui piè sta l'isolotto di Tabarca, ancora irto di fortificazioni genovesi. Poco tempo fa era congiunto alla costa per mezzo d'una diga, che ora è sostituita da un istmo di sabbia a fior d'acqua.
     
     
      ISOLA DI TABARCA – VISTA DALLA COSTA.
      Disegno di Slom, da un acquerello di Ch. Tissot. [vedi figura 149.png]
     
      Ad est dei contrafforti della mole dei Cumir si stende la regione meno elevata, ma sempre montuosa, che si chiama Mogod e che termina a nord-ovest e a nord di Biserta con molti capi, il ras Duccara, il ras el-Cherun, il ras Engela ed il ras el-Abiod, o capo Bianco. Questi promontori, i più settentrionali del continente africano, oltrepassano di venti minuti a nord il 37.° grado di latitudine: sono circa 150 chilometri più vicini al polo della punta di Ceuta, colonna meridionale della Porta d'Ercole. Alcune isole tunisine sono seminate nel mare dinanzi la costa; così gli scogli dei «Fratelli» che i Romani chiamavano gli «Altari di Nettuno».


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
olume 11 - l'Africa settentrionale - parte II
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1890 pagine 1046

   





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