N. 27. – SOGLIA DI GABES.
Un'altra depressione del suolo a nord-ovest di Sfakes contiene il lago salato di Mta el-Grarra e più a sud, in vicinanza alla curva regolare descritta dal golfo di Gabes, si vede ancora la Manzuna o Sebca en-Nuail, che è una cavità piena, ora d'acqua ora di sabbie saline. Questi avanzi di laghi però sono ben povera cosa in confronto della pianura, in parte inondata, che forma il confine naturale tra «l'isola del Magreb» ed il Sahara. A sud della Tunisia e dell'Algeria orientale si estende per uno spazio di più che 400 chilometri da est ad ovest una fuga di vene d'acqua, di bassi fondi salini, di vasche, di cavità argillose. È probabilmente in qualche luogo di questo spazio, assai curioso sotto ogni aspetto, che la maggior parte de' geografi antichi ponevano l'acqua sacra, presso la quale nacquero Minerva e Bacco. Shaw fu il primo a proporre, verso la fine del secolo decimottavo, l'ipotesi dell'identità del lago Tritone con uno dei sebca tunisini(221). Codesta regione doveva, molto più che il piccolo lago della costa orientale a nord delle isole, attirare l'attenzione dei geografi, come zona di separazione di due regioni naturali, posta fra due faune e due razze, e come un insieme idrografico, mirabile nello stesso tempo per grandezza di dimensioni e per diversità di fenomeni(222). Il vasto bacino dell'Igargar, le acque del quale, in altri tempi, si riversavano nella catena de' laghi «tritonici» ha una superficie non minore di 800 chilometri, quaranta volte maggiore di quella degli ued tunisini che alimentano il lago Chelbia.
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