A questi le tradizioni del mestiere permisero di conservare la memoria della loro origine. I bravi giardinieri di Testur e di Teburba, nella bassa Megierda, sanno che i loro padri abitavano le rive del Senil e del Guadalquivir. A Nebel, sulla costa orientale, vi sono stovigliai che conservarono il nome di Andalusi, e che di padre in figlio si trasmettono religiosamente vasi recati da Malaga dai loro avi fuggitivi. Nel tempo del viaggio di Peyssonnel, cento anni dopo la loro cacciata dalla penisola iberica, essi parlavano ancora spagnuolo e si abbigliavano all'antica foggia andalusa. Della popolazione «mora» della Tunisia fanno pure parte i rinnegati d'ogni nazione importati come schiavi al tempo della tratta.
Gli abitanti delle città, specialmente quelli che si chiamano Tunsi o gli Ulad Tunes, i «Fanciulli di Tunisi», hanno il colorito molto meno cupo che quello delle tribù nomadi: solo un piccolo numero ha il colore olivastro. Per la tinta della pelle rassomigliano agli Spagnuoli e agli Italiani del mezzogiorno. Hanno in generale figura ovale, naso lungo, sopracciglia spesse, barba nerissima e poco folta, media statura, complessione conforme, movimenti graziosi e nobili. Tra loro non si nota quella magrezza di polpacci propria dei Semiti della penisola araba, come degli Indù, nè l'obesità propria degli Ebrei spagnuoli loro concittadini. La maggior parte degli abitanti della Tunisia sono religiosi, ma non fanatici; il loro naturale è grave, dignitoso, affabile, e generalmente sono più onesti che gli Ebrei ed i cristiani, loro rivali, sebbene esposti alla corruzione dalla pratica del commercio.
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