Alla fine del settimo secolo dell'êra volgare, quest'ultima fu di nuovo e per sempre abbattuta, e quindi Tunisi, uno dei focolari della potenza musulmana, rimase la capitale, nonostante le discordie civili e le guerre straniere. Una sola volta, in dodici secoli, cadde in potere dei cristiani, perchè nel 1270 Luigi IX non potè impadronirsi che del «castello» di Cartagine, e morì sopra un letto di ceneri prima che il re di Tunisi, Abu Mohammed, fosse costretto a chiedere la pace. Quest'unica volta fu nel 1535 quando Carlo V, aiutato da ventimila schiavi ribellati a Kheir ed-Din, entrò in Tunisi, che diede ad un principe vassallo, facendovi costrurre il forte della Goletta per dominare le comunicazioni della capitale col mare. Ma non era scorso un anno che Kheir ed-Din la riprese, e da allora rimase sotto il governo dei principi vassalli della Turchia sino al 1881, nel qual anno la sovranità ufficiale dalla Sublime Porta passò alla Francia. Prima del dominio turco, Tunisi, «la bianca, l'odorosa, la fiorita, la fidanzata dell'Occidente», era considerata dai musulmani città senza pari. Essa era «il ritrovo dei viaggiatori dell'Oriente e dell'Occidente. Qualunque desiderio, qualunque capriccio ivi potevano essere appagati. Potenza e gloria ponevano Tunisi come sovrana sopra le metropoli dell'Oriente e dell'Occaso, sue rivali...». Tunisi avrebbe potuto dire: «... Io sono la scala del tempio per la quale si ascende alla strada dei cieli!»(338). Ancora adesso Tunisi è per i musulmani del nord dell'Africa, tranne quelli del Marocco e dell'Egitto, la città del gusto, delle lettere e della moda, una specie di «Parigi libico»(339).