Come in tante altre città, codesta trasformazione sarà compiuta in modo brutale, e poche saranno le case moresche le quali riceveranno maggior quantità di aria, luce e comodità senza che ne siano distrutte le arcate e gli arabeschi riducendole in enormi cubi di pietre! Pertanto l'arte mirabile degli arabeschi in architettura non è ancora perduta e sarebbe vergognoso lasciarla perire.
TUNISI, – UNA VIA PRESSO I SUK, AD OVEST DELLA CITTÀ.
Disegno di Taylor, da una fotografia del signor Neurdein. [vedi figura 249.png]
Le contrade della vecchia Tunisi hanno su quelle regolari della città francese il vantaggio del pittoresco e dell'imprevisto. Nessuna è diritta; dovunque angoli, sporgenze, curve di raggio differente. Vôlte d'ineguale altezza passano sopra le contrade, alcune semplici arcate che uniscono le due case di fronte, altre con uno o due piani sui loro cordoni incrociati. Alcune di codeste vôlte sono tanto lunghe da formare vere gallerie come quelle delle città berbere nelle oasi. Colonne di marmo, prese da Cartagine, sostengono il principio delle arcate, oppure incorniciano con i loro capitelli screziati le porte delle abitazioni. Erbe bastarde crescono nei crepacci delle vôlte; ai lati stanno alberi che coprono con la loro ombra qualche botteguccia o i banchi d'un caffè. Verso la parte alta della città, sotto la kasbah e il Dar el-Bey o «Palazzo beilicale», si ramifica il labirinto dei suk, ogni andito del quale, a vôlta o sormontato da legname, è abitato da gente d'una stessa corporazione, sellai, venditori di stoffe, calderai, gioiellieri, profumieri.
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