Sul dolce pendio della collina, ad est della terrazza di Byrsa, si vedono le cisterne meglio conservate fra tutte quelle cui riempiva l'acquedotto d'Adriano. Per mala ventura tolto all'estremità orientale l'argine di terra che le riparava dall'intemperie, da quella parte sono colmate dagli avanzi delle vôlte; ad est però sono ancora in perfetto stato. L'acqua piovana che trapela traverso il suolo vi si mantiene pura e gli Arabi si recano a riempirne i barili mediante secchie, il cui suono riempie le caverne di lunghi echi. Fu sovente proposto di riparare le cisterne di Cartagine per fornir acqua alla Goletta e alla Marsa; presto però questo urgente lavoro sarà eseguito. Le cisterne di Byrsa contengono tutte insieme 30,000 metri cubi d'acqua, quantità superiore ad ogni altra contenuta dai serbatoi posti sul percorso dell'acquedotto di Zaguan. Le cisterne di Malka furono dagli Arabi trogloditi mutate in abitazioni ed in cantine.
Riconoscibilissimi sono gli antichi porti di Cartagine, scavati nel luogo dove era stata fondata la prima colonia punica; l'entrata però fu colmata e il porto militare non è più in comunicazione con i bacini commerciali. Gli archeologi rinvennero nella terra d'alluvione mura e bastioni che servono a riconoscere la disposizione primitiva. Resta sempre in mezzo al bacino settentrionale l'isola dove abitava l'ammiraglio; non rimangono più dubbi che su alcuni particolari. D'altra parte sarebbe inutile scavare nuovamente il porto di Cartagine, avendo le navi d'ora bisogno per muoversi ed ancorare di bacini con larga entrata e grande profondità. Se, come fu spesso proposto, Cartagine dovesse essere ricostruita, il nuovo porto dovrebbe essere, non nell'interno delle terre, ma in pieno mare.
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