N. 45. – ROVINE D'UTICA.
A nord di Giedeida, non ci sono più città sulle rive della Megierda che va serpeggiando per basse terre e stagni. La città che sorgeva in sulla foce, Utica, la sorella primogenita di Cartagine, non è più indicata che da una kubba, il «marabutto» di Bu-Ciater; forse questo nome, che vuol dire «Padre dell'Abilità», l'Uomo saggio, rammenta il famoso Catone d'Utica, tanto ammirato per le sue eccelse virtù e per la sua tranquillità dinanzi alla morte(362). L'esame del suolo e gli scavi fecero riconoscere l'acropoli d'Utica, l'acquedotto, le cisterne, l'anfiteatro ed il teatro, le terme, i bastioni, il cothon o porto militare. Si riuscì pure, esagerando un po' il rilievo del suolo, a rifare il piano della città con i propugnacoli e gli edifizi(363), e si scoprirono tra le macerie alcuni oggetti preziosi: non resta però alcun monumento con le mura sopra il suolo. All'estremità dello scoglio d'Utica scaturisce una sorgente termale le cui acque sono eccezionalmente ricche di sali arsenicali. Dall'altro lato della pianura in cui ora va serpeggiando la Megierda, sta un capo scelto da Scipione durante la guerra contro Cartagine per piantare i quartieri d'inverno, chiamati Castra Cornelia. La città di Rhar el-Melah, cui gli Italiani diedero il nome di Porto-Farina, non è più porto, dacchè le alluvioni della Megierda hanno quasi interamente chiuso il canale che faceva comunicare il suo lago con l'alto mare; la sua darsena è vuota, i cantieri donde uscivano le navi corsare giacciono abbandonati.
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