N. 53. – CAPO DI FERRO.
La catena dei Biban o delle «Porte», a sud del Giurgiura e dei Babor, continua il gruppo del giebel Dira. Essa prese il nome dalle breccie aperte nel suo spessore, le quali, nella stagione piovosa, lasciano passare le acque versate sull'altipiano. Due porte, sovente chiamate «Porte di Ferro», poco tempo fa ancora temute, come tanti altri valichi di montagna, non atterriscono più il viaggiatore, nè gli eserciti fin dal 1839 si arrestano più dinanzi a questo ostacolo, come fecero le legioni romane e poscia i Turchi durante il tempo del loro dominio. I corpi francesi di occupazione, che prima doveano recarsi per mare da una all'altra provincia di Costantina e di Algeri, fecero i primi quel viaggio per l'interno superando le Porte di Ferro. Ora, per il valico della Grande Porta, che è lo sbocco occidentale, passano la strada e la ferrovia da Algeri a Costantina; anche per la Piccola Porta, 4 chilometri più ad est passa una buona strada, in cui il geologo può senza pericolo studiare gli strati allineati di calcare nero, ai quali la corrosione degli strati argillosi intermedî dà ivi l'apparenza di organi colossali, altrove di contrafforti di cattedrale. La catena dei Biban, che è ad oriente delle Porte di Ferro, è tagliata da molte altre breccie, difese militarmente, come quelle del Babor, dal posto di Takitunt, che sorge a 1,051 metri di altezza sopra una cresta isolata fra due bastioni montuosi. Una delle sommità del Babor, il giebel Sattera, fu già un vulcano, dal cui cratere traboccarono scorie e pietre pomici.
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