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      Sarebbe necessario, per ottenere un miglioramento della contrada, che l'acqua fosse utilizzata vicino al luogo dove cade per non subire la perdita dovuta all'evaporazione e alla dispersione nelle fessure. Bisognerebbe, dove è possibile, costruire cisterne, trattenere l'acqua piovana e mettere a profitto l'acqua delle sorgenti appena uscita dai grifoni e lunghesso i corsi di origine. Gli avanzi di innumerevoli piccole dighe di derivazione che si vedono sugli altipiani dell'est e nel giebel Aures provano che i coloni romani mettevano a profitto con gran cura le acque nella parte superiore di ciascun bacino, in guisa da non lasciare andar perduta una goccia: il suolo si muniva di zolle e si rendeva compatto così che non avvenivano frane, nè erano intaccate le sponde degli altipiani. Secondo alcuni autori(444), cadrebbe ora in Algeria la stessa quantità di pioggia che duemila anni fa, nè il clima si sarebbe reso più secco, ma l'aridità crescente del suolo deriverebbe solo dal lasciar sfuggire inutilmente le acque dal luogo dove cadono, e radunarsi nelle bassure in stagni, mentre fra i bacini fluviali ci sono spazi che meritano il nome di bled el-Ateuch o «paese della Sete».
      Questa ipotesi non è punto dimostrata dal cambiamento della flora e della fauna nel Sahara algerino, sicchè è impossibile non dubitare che le pioggie non siano nel Magreb realmente diminuite, ma il disseccamento del clima è una ragione di più perchè l'acqua sia meglio impiegata, che ora non è. I coloni francesi venuti da un paese dove le acque pluviali sono dovunque abbondantissime, pensarono da principio ad arrestare le acque correnti mediante dighe; poi cominciarono a stabilirsi nella parte inferiore delle valli ed in pianure come la Mitigia, nè impresero alcun complessivo lavoro per la condotta delle acque.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
olume 11 - l'Africa settentrionale - parte II
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1890 pagine 1046

   





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