A sud della kasbah s'incrociano le strade regolari del quartiere europeo: gli Ebrei abitano ad est un labirinto di vie ineguali; verso il centro stanno raggruppati i Mzabiti; a sud, nella parte bassa della città, brulicano gli Arabi in un dedalo di vicoli e di cortili, dove gli Europei non entrano che accompagnati da guide. Essendo troppo ristretti nel loro quartiere, gli Arabi si estesero e copersero di loro capanne un declivio presso la porta occidentale, ed ivi il moto non è minore che nelle altre contrade e nelle piazze. Mancando di spazio, la popolazione chiude i vicoli e le piccole piazze, e quasi tutte le industrie, specie quella del cuoio propria a Costantina, si esercitano all'aria aperta. Si contano a centinaia conciapelli, sellai, calzolai, anzi questi ultimi occupano contrade intiere, divisi in due corporazioni, calzolai per uomini e calzolai per donne.
      Sebbene meno numerosi degli Europei, sempre rinforzati da una guarnigione di parecchie migliaia d'uomini, gli Arabi di Costantina formano nondimeno gruppi abbastanza compatti per poterne studiare i costumi nazionali e religiosi meglio che in qualsiasi altra città dell'Algeria: diverse confraternite, specialmente quelle degli Aissaua, sono rappresentate spesso da numerosi aderenti. Ma ci sono poche città dove la morte mieta più che in questa la popolazione indigena. Settimana per settimana, i morti superano i nati, e più volte al giorno il movimento commerciale è interrotto da cortei funebri: tra la folla uniformemente vestita di bianco, spicca la bara adorna di stoffe smaglianti, che, disputata dai portatori, passa di spalla in spalla, sbattuta come una barca in mare.