Il porto di Philippeville è frequentatissimo, specialmente dalle navi di cabotaggio, giacchè contende per il traffico di costa il primo posto a Orano e ad Algeri fra i porti che servono di legame al litorale. È noto quanto il golfo di Philippeville fosse temuto dai marinai, prima che vi fossero costruite le gittate che ora difendono il bacino contro le onde. Allora i bastimenti dovevano ancorare a quattro chilometri in alto verso nord-ovest, nella baia di Stora, l'antico «porto dei Genovesi», generalmente abbastanza protetto contro i venti di ovest e del nord. Ma durante le grandi tempeste e i salti di vento, l'ancoraggio di Stora era pericolosissimo e le navi venivano gettate alla costa. I marinai di Stora ricordano gli uragani del 1841 e del 1854, che non lasciarono nella rada che oggetti dispersi e dei pezzi d'alberi(535).
Il piccolo porto di Collo, il Chullu dei Romani e il Kullu degli indigeni, ha una posizione analoga a quella di Stora: infatti il suo ancoraggio è egualmente riparato dai venti d'ovest e di nord-ovest da un promontorio, sicchè fu sempre un luogo di approdo frequentato: il valore del luogo di rifugio offerto dalla rada di Collo era raddoppiato dalla vicinanza di un capo spesso difficile a passare, il formidabile capo Sebaa Rus o delle «Sette Teste», chiamato anche Bu Gorun o il «Monte dalle Corna», il Bugiarone dei marinai. I Romani dimoranti a Chullu tingevano stoffe con porpora. Durante tutto il medio evo, Collo fu luogo di commercio, dove Pisani, Genovesi e Marsigliesi si recavano a prendere cereali, cera, miele, olio, pelli ed altre derrate portate dai Cabili; nel 1282, Pietro d'Aragona se ne era impadronito, e nel secolo diciassettesimo la Compagnia francese di Africa vi ebbe uno dei suoi più importanti fondaci.
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