Intere colonie si associano con tribù arabe del piano, e finiscono con diventare esse pure proprietarie del suolo(575); in tal guisa sorsero parecchi villaggi cabili ne' dintorni di Guelma, di Scerscell, di Aumale, d'Orleansville(576). Ora che la guerra non infierisce più di continuo fra le tribù, il rapido accrescimento della popolazione costringe i Cabili ad allargare ognor più la loro cerchia d'emigrazione, spandendosi per la Tunisia e viaggiando nelle oasi e sulle frontiere del Marocco. Verso la metà del secolo, i Cabili espatriati si stimavano a 12,000; ora sono circa 40,000, computando anche gli emigranti temporanei. Conoscendo lo spirito di solidarietà, che unisce tutti i Cabili, i deys di Algeri costrinsero tempo fa gli Zuaua della montagna a pagare l'imposta, trattenendo come ostaggi quelli tra loro che si trovavano nella capitale e respingendo quelli che volevano recarvisi(577).
Contadini quali sono, i Cabili hanno del contadino tutte le forti qualità. Pazienti, sobri, rigidamente economi, onestissimi, incapaci di frode, esigono dagli altri la stessa probità in commercio. Quello che devono, rendono fino allo scrupolo, ma richiedono altrettanto facciano gli altri con loro, e si videro intraprendere lunghi viaggi e sostenere costosi processi per riscuotere una piccola somma. Il Cabilo è ostinatissimo nel difendere quello che gli sembra giusto: secondo Warnier, gli Arabi gli appongono d'avere un sasso nel cranio, ed egli di rimando: «E voi ci avete un tamburo». Grande ragionatore, il Cabilo scorge sempre il lato positivo delle cose, ma è pure capace di smettere il lavoro per ridere, per cantare, per saltare; si diverte volentieri, ben differente in ciò dall'Arabo, che, sempre dignitoso e grave, non canta mai dietro l'aratro per ispingere i buoi al lavoro.
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