D'altra parte, la responsabilità degli associati è sempre solidale, giacchè in Cabilia si ignora la «responsabilità limitata» delle società francesi(598).
Grazie allo spirito di solidarietà repubblicana che unisce tutti i membri del villaggio, la miseria è sconosciuta. Il povero riceve dal Comune, senza rimanere avvilito, la parte dei viveri che gli è necessaria. Un cabilo che fa uccidere un animale per uso della sua famiglia, è tenuto a far avvertire il taddert dal pubblico avvisatore, perchè i malati e le donne incinte possano procurarsi la carne. Talvolta hanno luogo pubblici pasti e ciascuno deve prendervi parte, tanto il ricco quanto il povero, giacchè non bisogna che un membro del Comune mostri di sdegnare le vivande che il suo fratello mangia tanto volentieri. Chi fabbrica una casa ha diritto all'aiuto dell'intero villaggio; colui che lavora o che miete può contare sull'aiuto del vicino in caso di bisogno, ma è tenuto a rendergli il contraccambio. Alla coltivazione del campo di chi non può più lavorare, concorrono tutti, giacchè tutti sono tenuti alla mutua assistenza. Anche verso lo straniero colto da disgrazia, il cabilo deve comportarsi da amico, deve riceverlo nei giorni di burrasca e nutrirlo in tempo di carestia. Nel terribile inverno nel 1867-1868, in cui perirono tante migliaia d'indigeni presso le città francesi, i mendicanti accorsi da ogni parte verso le montagne del Giurgiura furono nutriti dai Cabili e nessuno morì di fame(599).
Si potrebbe credere che questa società cabila, divisa in tante piccole democrazie quanti sono i villaggi, fosse impotente contro un nemico esterno: invece era più forte dei piccoli Stati arabi centralizzati, dove una folla di sudditi, seguendo il padrone, soccombeva o tradiva insieme con lui.
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