Nel comune pericolo, le confederazioni si formavano tra i soff delle tribù, e tra le tribù stesse, e da tutte parti accorrevano i giovani con giuramento di sacrificare la vita: erano questi gli imessebelen o «sacrificati». Prima della battaglia, i marabutti leggevano loro la preghiera dei morti, giacchè morivano davvero se non ottenevano la vittoria(600). Tutti i Cabili, per quanto fossero divisi, nel momento del comune pericolo si sentivano uniti da un legame di solidarietà collettiva. Tutti riconoscevano la virtù dell'anaya, parola araba che significa protezione(601), usata pure nel senso di onore, giacchè l'anaya è «il sultano dei Cabili, che fa il bene senza richiedere imposte». Un viaggiatore, un mendicante, un oppresso chiedevano aiuto ad un cabilo? questi doveva soccorrerlo e difenderlo, perchè ne era impegnato il suo onore e col suo anaya quello della tribù. Scoppiava la guerra fra due villaggi? le donne erano messe tosto sotto la protezione dell'anaya comune alle due parti belligeranti e sotto la garanzia collettiva dell'anaya erano poste le stipulazioni onde si era talvolta convenuto che una strada, un distretto, un giorno della settimana fossero riservati alla tregua. Allora quando tra due parti contendenti la lotta durava a lungo, si presentavano alcuni pacieri e «gettavano» il loro anaya fra i combattenti, il che valeva a ricondurre la pace, perchè nessuno avrebbe osato oltraggiare l'onore degli amici.
VILLAGGIO DELLA CABILIA.
Disegno di A. Slom, da una fotografia.
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