Anditi ineguali e tortuosi salgono a scala fra le case basse, qua e là riunite sopra la via da arcate. Travi ricurve, piantate obliquamente nel muro, sostengono i piani in salita. Ai lati o sotto le arcate vi sono porte coi battenti ornati di borchie; rare finestre con persiane all'esterno sono aperte nelle mura imbiancate a calce, su cui è dipinta in rosso l'impronta cabalistica della mano che deve tener lungi i geni malefici. Questo quartiere musulmano, in nulla cambiato dopo la conquista, come al tempo degli deys, è abitato da gente d'ogni razza: qui stanno i Cabili, più in là quei di Mzab ed i rivenditori d'acqua di biskri; vengono poi gli emigrati delle oasi di Tugurt, d'Uargla, di Suf; i negri Bambara e quelli di Haussa, che hanno in quel dedalo il loro posto, e le donne degli Ulad Nail, a cui sono riservati parecchi vicoli, le quali siedono gravi, silenziose e cariche di gioielli, come idoli, nel fondo delle loro dimore. Una corsa nella parte alta di Algeri vale in fatto di etnografia un viaggio nell'interno fino a Tombuctu.
In quanto all'architettura, l'Algeri moderna non si può paragonare a quello che resta dell'antica; i suoi principali edifizi sono enormi costruzioni a parecchi piani, le quali somigliano a quelle della nuova Marsiglia, costrutte senza tener calcolo del clima: è poi da ritenere che non sieno abbastanza solide contro i terremoti, i quali ordinariamente si fanno sentire più frequenti e violenti in Algeria che in Francia. I monumenti più notevoli d'Algeri sono ancora quelli innalzati prima della conquista, ma pochi ne rimangono.
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