Ad est di Frenda, presso le sorgenti dette Ras el-Mina o «Testa della Mina», su tre contrafforti settentrionali del giebel el-Akhdar o «Monte Verde» stanno i Giedar, massiccie costruzioni che furono già ipogei come la «tomba della Cristiana», dalla quale furono probabilmente copiate. Sono prismi quadrangolari, alti circa 18 metri, terminati nella loro parte superiore da piramidi a gradini(633). Su alcuni scogli vicini si vedono sculture preistoriche; alcune scanalature ed alquanti fori scavati nella pietra hanno fatto credere che uno di questi massi fosse un altare da sacrifici. Nelle vicinanze vi hanno dolmen grandissimi; uno di essi, secondo fu scritto al signor Tomassini, è lungo 45 metri. Ferguson, citando il signor Bernard, asserisce essere la pietra superiore del monumento lunga 20 metri, larga 8, alta 3(634).
      Congiungerà Tiaret a Mostaganem, per la valle della Mina, una ferrovia, di già incominciata, la quale passerà per il villaggio di Fortassa, traverserà a Relizane quella della valle del Cielif, poi superando la Mina di sotto al confluente dell'ued Hillil, girerà un gruppo di colline per passare a piè dell'altipiano d'Ain-Tedles, dove si è già nel territorio di Mostaganem. Ivi presso è l'importante villaggio di Ponte del Cielif, così chiamato da un viadotto che i Turchi avevano fatto costruire da schiavi spagnuoli, il quale fu dai Francesi ristaurato. Sulla strada di Mostaganem si succedono gli altri villaggi di Ain-Bu-Dinar, Tumi, Pelissier.
      Questa antica città non è in riva al mare, bensì a 100 metri di altitudine, sopra una costa a perpendicolo che il burrone di Ain-Sefra, percorso da un rivo perenne, separa in due quartieri, cioè ad est la città militare o Matamora, così chiamata dai matmur o silos, dove i Turchi riponevano i grani; ad ovest la città propriamente detta di Mostaganem, quasi interamente ricostruita col sistema europeo.