Erano certamente i Romani ed i Berberi civili, che vivevano a lato de' primi, sul monte Aurasius, i coltivatori delle foreste di ulivi, di cui qua e là rimangono ancora alcuni avanzi, che usavano i torchi per l'olio, tanto comuni nelle loro antiche borgate. A giudicare dai biondi che sono in gran numero fra gli abitanti dell'Aures, si direbbe che il sangue dei Romani e dei coloni d'ogni razza, Galli e Germani, che accompagnavano i conquistatori, si sia perpetuato mediante gli incrociamenti nelle vene degli attuali montanari(658). In intere tribù (le più importanti sono perfin dette Rumaniya) che giungono fino alle oasi del Sahara, alla base dell'Aures, si sono conservati codesti Berberi «romani». La lingua del paese ha conservato molti termini latini, fra cui i nomi de' mesi, di cui alcuni sono meno alterati in berbero che in francese(659); dal nome latino pinus pare sia derivato la parola bignu,(660) che indica il cedro, il quale albero copriva in altri tempi tutte le montagne dell'Aurasius. Parecchie feste di origine cristiana cominciarono certamente nel tempo in cui gli abitanti della montagna nella provincia di Africa inviavano i loro vescovi ai concili. Il giorno di Natale o di Bu-Ini, le donne di una tribù rumaniya cangiano una pietra del focolare e la terra che lo circonda; ivi pure, come in Francia, ciascuno augura il bu-ini o buon-anno(661). Il giorno dell'anno chiamato innar, cioè gennaio, è sacro ai saluti, alle visite, alla gioia ed alle feste. Nelle rogazioni, che si fanno in principio di primavera, quei di Menaa, il borgo principale degli Ulad-Abdi, percorrono la montagna al suono dei flauti e ne recano rami ed erbe verdi.
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