Il fico è l'albero fruttifero più comune dell'Algeria settentrionale, quello che soffre meglio la siccità, stante le lunghe radici che penetrano profondamente nelle fessure della roccia per succhiarvi l'umidità di cui ha bisogno; prospera specialmente nei burroni petrosi, nelle strette valli di montagna e specialmente in Cabilia, dove è utile quasi quanto il dattero è utile ai confini del deserto. Però l'albero da cui l'Algeria settentrionale trae il maggior profitto è ancora la quercia-sughero, la cui corteccia, benchè sia meno stimata di quella degli alberi della Catalogna, forma un oggetto importantissimo di commercio(750); si ritiene che se le foreste di quercie-sughero che sono in Algeria fossero bene impiegate, potrebbero dare una somma di quindici milioni di lire, cioè quasi il quadruplo delle entrate annuali.
Un albero ben altrimenti prezioso è il dattero, vera ricchezza degli abitanti del Sahara algerino. Senza la palma, che offre agli abitanti del Sahara la metà del vitto necessario ed il modo di procurarsi l'altra, essi non potrebbero sussistere in codesta regione circondata da sabbie: sull'oasi si estenderebbe il deserto. Ogni albero è curato come persona della famiglia; bisogna irrigarlo, potarlo, versargli sui fiori il polline fecondatore. Si considera come un essere dotato di vita e di passioni, che indica la sua gratitudine con la copia dei frutti, o la sua collera per la poca cura mediante la sterilità. Narra una leggenda riferita da Michelet, che «quando si abbatte una palma ancor verde, essa grida come un fanciullo, sicchè gli stessi carnefici ne sono commossi». Tempo fa in tutti i paesi musulmani, ed ancora nel Marocco, il diritto delle genti che lascia uccidere un uomo, non lascia toccare una palma(751). Quante volte però durante le guerre non furono distrutti interi palmeti e le dune non si rovesciarono sull'oasi!
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