In tal guisa agli assedî di Laghuat e Zaatscia furono segate migliaia di datteri per apparecchiare un passaggio ai cannoni e alle colonne di assalto, o per affamare gli indigeni; così pure nella Cabilia si tagliarono gli ulivi per costringere gli indigeni a chiedere mercè. Ora i pozzi artesiani compensano largamente, formando nuove oasi, il male già fatto. Il complesso dei palmeti dell'Algeria meridionale comprende quasi tre milioni di piante(752), producenti per oltre 60 milioni di lire. In alcune oasi, specialmente nel Mzab, il valore di questi preziosi alberi sale sino a 800 lire ciascuno(753).
Le principali coltivazioni del Tell sono sempre i cereali, come al tempo di Roma: il grano duro, l'orzo, il besna o miglio, il grano turco e, dopo l'arrivo dei Francesi, la segala, l'avena e il frumento tenero vengono raccolti dagli Arabi e dai Cabili. Negli anni piovosi, i Cabili, che furono in parte sostituiti agli Europei che ottengono miglior raccolto stante una migliore coltura(754), forniscono biade più che sufficienti agli uomini ed agli animali; inoltre si esporta riso, avena e grano duro, apprezzatissimo per far paste: ordinariamente i grani formano il quinto del valore esportato dall'Algeria. Molto pure producono i foraggi nelle regioni umide del Tell, specialmente nei dintorni di Bona. Si sa che i giardinieri del litorale spediscono in Francia primizie e frutta, aranci(755), cedri, banani, nespole del Giappone, e che quelli delle oasi vi inviano i datteri: se avessero quanta acqua richiedono le loro coltivazioni, potrebbero con facilità fornire de' loro prodotti i mercati dell'Europa occidentale.
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