Le frutta esportate di là formano già un notevole commercio, piccolo però in confronto di quello che ci sarà quando tutta la zona irrigabile del litorale e del Sahara sarà trasformata in un immenso verziere. Tra le piante industriali è dai coloni preferito il tabacco, grazie alla libera coltivazione e fabbricazione; però molti coltivatori abbandonarono una tale industria per darsi alla viticultura. Il cotone fu pure ricercato, durante la guerra d'America, ma ora non si vede più che in un piccolo numero di campi del Tell e nell'ued Righ, dove si coltivano alcune specie del Sudan, la fibra del quale somiglia ai fili della «lunga-seta» degli Stati-Uniti. Poco coltivati sono il lino e le diverse specie di canapa, e ancora nel periodo di prova è il ramiè, di cui tanto si parlò senza estenderne l'uso, in causa della difficoltà di levarne la corteccia. Anche il fico di Barberia, che i Francesi adoperano solo nelle siepi, contribuisce assai all'alimento degli indigeni. Giunta la «stagione dei fichi» buon numero di Arabi, provvisti sufficientemente di cibo, si rifugiano a lavorare nei campi.
Ben più importante ancora è l'uso d'una pianta selvaggia, l'alfa (halfa) degli altipiani, della quale il governo, pagato prima gran parte delle spese per la ferrovia, concedette il monopolio ad una compagnia industriale per una estensione di 300,000 ettari, a sud di Saida; la rendita annuale dell'alfa è da 15 a 20 milioni di lire. La fibra dell'alfa – o dell'auffe, come già si chiamava a Marsiglia – viene specialmente adoperata a far pasta di carta.
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