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      Codesta industria, divenuta tanto importante, non fu sempre protetta dall'amministrazione francese(757): fino al 1850, cioè finchè la colonia fu commercialmente ritenuta come una terra straniera, era vietato di introdurre tralci come nocevole agli interessi della madre patria. Ma da una decina di anni la superficie dei vigneti algerini è notevolmente accresciuta e divennero vignaiuoli(758) e si sforzano a fare il vino, malgrado i precetti del Corano, anche i maomettani, le cui coltivazioni non sono tenute con tanta cura quanta hanno gli Europei per le loro. La vendemmia diede, nel 1885, oltre a due milioni di ettolitri, sicchè il territorio algerino, dopo i paesi di grande produzione, quali la Francia, la Spagna, l'Italia, l'Ungheria, è uno di quelli dove la vigna occupa il maggiore spazio: rinomatissimi sono alcuni suoi terreni, fra cui quelli di Miliana; nel secolo scorso, Shaw paragonava il gusto del vino di Algeri a quello dell'«Ermitage». Si costituirono grandi compagnie per dissodare il suolo e ridurlo a vigneti di parecchie centinaia, anzi di migliaia di ettari di un solo proprietario. Però ai viticultori algerini fa capolino un timore, poichè nel 1885 comparve la filossera in una vigna di Mansura, presso Tlemcen, poi nei vigneti di Sidi-bel-Abbes, sicchè ogni proprietario spia ansiosamente se il terribile insetto sia comparso ne' suoi poderi.
      È noto quanto sia temibile il flagello delle cavallette in un paese come l'Algeria, vicino a steppe dove gl'insetti nascono a miriadi, con gran gioia dei nomadi che li mangiano e ne fanno conserve in salamoia(759). In una piccola invasione, come quella osservata nel distretto di Medea nel 1874, la banda di cavallette teneva 25 chilometri di fronte e 4 di larghezza, ossia 100 chilometri quadrati e ne comprendeva almeno 50 miliardi.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
olume 11 - l'Africa settentrionale - parte II
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1890 pagine 1046

   





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