Quelli d'Algeria hanno in proporzione un materiale maggiore e migliore che i coltivatori della madre patria(767); in alcuni luoghi anche gli indigeni adoperano aratri perfezionati. Naturalmente la maggior parte dei contadini sono francesi, perchè a questi è accordata la concessione delle terre. Circa un migliaio di famiglie dell'Alsazia e della Lorena, che emigrarono dopo la cessione di quelle due provincie, furono in Algeria provviste riccamente di campi, grazie ai doni raccolti dalle «signore di Francia»: per queste famiglie furono fondati o ingranditi 56 villaggi. Però la maggior parte di tali concessioni passarono ad altri. I coloni non diventano proprietari se non dimorano cinque anni nel dominio loro concesso dallo Stato; ma ne' dieci anni che seguono la investitura definitiva, circa la metà de' coloni vendono i loro poderi. Si può dire che in media danno miglior prova di perseveranza e risiedano più volentieri nelle loro terre gli Algerini indigeni cui il governo concede metà degli acquisti(768). Una parte dei «coloni» europei è composta di lavoratori girovaghi, detti «esercito mobile», che vanno da un capo all'altro dell'Algeria, sempre in cerca di nuovo lavoro.
      Restano ancora a concedersi vaste estensioni che appartengono al governo per diverse ragioni e specialmente, per mala sorte, in causa di sequestri fatti alle tribù: l'opinione pubblica però è avversa sempre più al modo di concessione finora usato. Questo metodo non solo aggrava di anno in anno il bilancio d'una notevole spesa, ma costa alla maggior parte dei coloni molto più che se la concessione fosse stata comperata; inoltre gli oneri loro imposti, la sorveglianza cavillosa degli impiegati, la lentezza dell'amministrazione nel rilasciare i titoli fecero sovente stancare la pazienza del colono e causarono conflitti, che spesso ebbero per risultato di farlo allontanare.