A nord-est sorgono le alte mura d'una solida kasbah. A Tarudant, ci sono, come in tutte le città marocchine, concie di cuoio, fabbriche di stoffe e tintorie. Però la sua industria speciale è l'arte del calderaio, il che fa sì che, come avamposto del Maghreb sul confine del deserto,
     
      N. 141. – TARUDANT.
     
     
      essa fornisce di stoviglie i mercati di Kuka, di Kano, di Tombuctu nel Sudan(954). Origine di tale industria furono le miniere di rame a nord di Tarudant, tra gli schisti e le arenarie dei contrafforti dell'Atlante: ora però quasi tutto il rame greggio è importato dall'Inghilterra(955); degli scogli che racchiudono rame si trae ora appena profitto e sembra che gli altri metalli non siano mai stati scavati. Inoltre piantagioni della canna di zucchero che al tempo di Leone l'Africano formavano la prosperità di Tarudant, hanno cessato da gran tempo. La fabbricazione dello zucchero era fatta da schiavi cristiani, ai quali si aggiungevano alquanti emigrati europei che offrivano l'opera loro ai piantatori di Tarudant. Ora è vietato ai cristiani di entrare in questa città, sebbene il viaggiatore Lenz abbia potuto, mediante una lettera del sultano di Fez, visitarla. Poco fa un inglese chiese invano gli fossero concessi alcuni terreni in una vallata per piantarvi canna da zucchero(956).
      Il porto naturale dell'Ued-Sus sarebbe Agadir, che si trova a poca distanza a nord della foce del fiume, ed è anche il miglior porto del litorale marocchino. A nord-ovest difende il golfo contro i venti d'est e di nord il capo Gher o giebel Ait-Uakal, estremo promontorio della catena atlantica; un altro capo, primo avamposto d'una catena laterale, limita un seno nella parte più profonda del golfo, proteggendola contro le onde: questo seno è il porto d'Agadir.