Il Marocco non ha altra marina che un naviglio di commercio con un equipaggio di Belgi, sicchè le poche centinaia di figli d'antichi corsari sono impiegati a caricare e a scaricare battelli: benchè abilissimi rematori, non sorpassano con le loro barcaccie i limiti delle rade ove stanno ancorate le navi. Come compenso dei servigi resi, il governo passa loro tre lire mensili ciascuno, tolte dalle entrate della dogana(1004).
Il Marocco è uno dei pochi paesi che non hanno debito pubblico o che almeno hanno un'entrata che equivale alla spesa. In realtà l'impero non ha bilancio, giacchè quello che altrove con tal nome si chiama, ivi consiste semplicemente nel patrimonio privato dell'imperatore. In quanto alla famiglia imperiale, che è assai numerosa, essa è composta di persone che fanno parte dei sudditi, sicchè rari sono quelli cui il sultano assegna una dotazione. Le entrate del patrimonio non solo comprendono la rendita delle proprietà particolari del sultano ed i varî regali delle città, tribù e comunità, ma anche le imposte regolari che negli Stati d'Europa formano il tesoro nazionale: a lui appartengono la tassa per le mandre e la decima dell'asciur sulle proprietà; le multe, il prodotto delle dogane di esportazione e di importazione, i profitti de' monopolî, fra cui quello del tabacco e del kif o canape, lo hascish degli Orientali. Le spese si fanno solo per il mantenimento dell'esercito e per la Corte, nè d'anno in anno superano la metà delle entrate; la parte che avanza si versa nel tesoro(1005). Il titolo di mulai che si dà al sultano, ed anche allo sceriffo di Uezzan, vuol dire «padrone», specialmente nel significato di possessore.
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