Nelle bassure dove rimane un po' di umidità crescono un po' d'erba ed alcuni arboscelli e qua e là formano poveri boschetti acacie di diversa specie e capperi. Sotto il meridiano di Tibesti è il limite estremo settentrionale dell'higlik o «albero dell'elefante» (balanites Ægyptiaca) e della palma dum dal tronco biforcuto. I datteri nascono in alcuni speciali burroni, ma i loro frutti non sono de' migliori, nè le raccolte sono tali da bastare alla popolazione. Ne' luoghi dove la roccia offre un po' di terra vegetale, gli abitanti coltivano il frumento, il durrah di Egitto e il dukha del Kordofan.
Il Tibesti alimenta poche specie animali, come quello che è povero di vegetazione. Non vi sono altre fiere che iene, sciacalli, volpi delle sabbie: alcune antilopi, tra cui l'uadan, saltellano sugli scogli, ed alcuni cinocefali si slanciano sulle acacie di ramo in ramo per mangiare le foglie, rispettati dai cacciatori tibbu, che riputerebbero una vergogna incancellabile far male ad «uomini ammaliati». Tra gli uccelli selvaggi, gli struzzi sono divenuti rari; ma sui monti volano continuamente avoltoi e corvi, le tortorelle svolazzano attorno gli scogli e ne' boschi stanno sospesi nidi ad ogni ramo delle acacie. Nel Borku i piccioni volano a nubi in mezzo agli alberi. Pochissimi sono poi gli animali domestici in causa dei pochi abitanti sparsi sul vasto territorio. È probabile che il bue facesse in altri tempi parte della fauna domestica del paese, perocchè Nachtigal ha trovato sulle pareti degli scogli scolture che lo rappresentano guidato mediante redini intrecciate intorno alle corna ricurve innanzi: ora esso non si trova affatto nel Tibesti.
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