Il viaggiatore che giunge dalla vasta pianura senza vegetazione sarebbe tentato di dare all'oasi di Yat il nome di «foresta», tanto è il contrasto che formano con le circostanti sabbie, le foreste di datteri selvaggi, di acacie, e di gruppi erbosi. In questa oasi sono pure assai numerose le palme dum, anzi ivi toccano il loro limite settentrionale, a nord del Bornu. L'oasi di Yeggeba, a sud-ovest di Yat, è molto meno notevole e popolata; quella di Siggedim, benchè assai ricca di datteri, non aveva più abitanti quando nel 1870 vi passò Nachtigal; quella di Giebado, a nord-ovest, è popolata, come Yat, di Teda e di Kanuri. Nel 1862 Beurmann (il solo Europeo che l'abbia visitata) traversò quest'oasi, ultima stazione verso ovest dei Teda e de' Kanur loro fratelli.
L'oasi di Kawar, che è separata dall'oasi di Yeggeba da una hamada petrosa, si stende circa 80 chilometri; il suo asse è precisamente diretto da nord a sud e la strada delle carovane percorre dall'una all'altra estremità il tratto delle palme, qua e là interrotto dalle sabbie e dagli scogli. Subito ad est si prolunga, parallela alla depressione, una catena di scogli che in certi luoghi raggiungono 100 metri: forse in causa di essa i Teda danno all'oasi il nome d'Enneri Tughè, o «valle degli Scogli». Lungo la valle si succedono una decina di borgate. La maggior parte appartengono ai Tibbu e sono costrutte a piè d'un masso di gres, a pareti verticali, il quale serve di rifugio in caso d'un assalto improvviso: il castello fortificato ha gallerie ed ipogei, dove vengono depositati approvvigionamenti; nella roccia sono scavate cisterne; per una specie di scala o di piano inclinato di tronchi di palma con traverse di acacia si può salire dall'esterno alla cima della cittadella.
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