Hanno nondimeno alcune tribù soggette, da cui riscuotono le imposte, ed hanno per di più tribù serve che forniscono loro come eredità o dono gl'imrhad, «gente del bestiame», che alleva gli animali per i padroni e che raccolgono i frutti nei giardini e nelle foreste. Inoltre hanno schiavi neri ed affrancati che restano allo stato di servi. I marabutti poi, anch'essi ritenuti di sangue nobile, hanno pure clienti e servi che lavorano e prelevano una quota sulle ricchezze altrui. D'altronde codesta parte in ogni altro paese sarebbe un misero compenso. Fuori dalle oasi coltivate dagli imrhad, a Gianet, nel paese degli Azgiar, a Idelés e a Tazeruk nel paese degli Ahaggar, non c'è forse un migliaio di ettari coltivati nel territorio dei Tuareg, e l'industria si limita a quei piccoli lavori necessari per la preparazione ed il lavoro delle pelli, per la fabbricazione del vasellame, di mobili grossolani, per la riparazione delle armi. Le rispettive mogli, forti quasi quanto i mariti, aiutano a battere il ferro i fabbri ferrai, che formano una rispettata corporazione. Alcune cisterne scavate in qualche luogo nella roccia, e che ora sono deserte, provano che l'agricoltura era altre volte molto più in fiore. Ai nostri giorni la povertà vi è tanto grande che alcuni famelici vanno in cerca dei formicai per raccogliere i grani del drin in quelli ammassati; ve ne lasciano alcune manate e del resto fanno una specie di kuskus(1048).
Le tradizioni del matriarcato si sono conservate presso i Tuareg del nord.
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