Secondo il diritto consuetudinario, detto dagli Arabi dei Beni-Ummia o «Figli della madre», il figlio maggiore della sorella maggiore è sempre privilegiato nell'eredità; alla morte del capo della famiglia, sia nobile, marabutto, tributario o servo, il suo avere è diviso in due parti, i «beni di giustizia» acquistati mediante il lavoro, ed i «beni d'ingiustizia» acquistati con l'armi alla mano; i primi sono ripartiti egualmente fra tutti i figli, senza distinzione di età nè di sesso; i beni d'ingiustizia vanno interamente al figlio maggiore della sorella maggiore; così si mantiene la potenza delle grandi famiglie feudali(1049). Quando si deve distribuire fra le tribù un territorio conquistato, è antico costume, che sembra sia stato seguìto da tutti i Sanhegia dell'Africa prima della conquista musulmana e conservato da parecchie altre nazioni berbere, tranne i Tuareg, di darlo alle vedove nobili. Presso gli Imohag il fanciullo segue sempre il sangue della madre; come dice un adagio del loro diritto tradizionale: «è il ventre che racchiude il fanciullo»; il figlio di padre schiavo e d'una donna nobile è nobile; quello di padre nobile e di donna schiava è schiavo. Del resto nella vita giornaliera, la donna è eguale all'uomo, anzi in alcuni casi è anche superiore. Essa dispone della sua mano, ed i parenti intervengono soltanto per impedire che il matrimonio avvenga con persona inferiore; essa amministra la sua dote senza l'obbligo di contribuire alle spese di mantenimento, quindi generalmente è più ricca del marito; essa alleva e dirige i figli; nelle feste ha sempre il primo posto e nei pasti il miglior boccone: l'uso però le vieta il caffè ed il tè, che sono riservati agli uomini.
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