Gli studî avrebbero dovuto incominciare da Gabes e si sarebbe anche potuto tener conto di quelli che a Gabes appunto avviò nel 1875 una spedizione italiana condotta dall'Antinori, ed i cui risultati sono noti a tutti e porsero argomento a molte discussioni(1105). Ma dapprima si ebbe paura di qualche complicazione diplomatica, poi si reputò che i lavori nostri obbedissero piuttosto al progetto di opporsi al disegno francese, ed a questo modo, per verità con gran profitto della geografia, si volle compiere la missione muovendo dall'Algeria, colla maggior precisione consentita dai fondi ad essa assegnati e dall'entusiasmo che aveva saputo suscitare nei suoi fautori.
      La spedizione seguì dapprima la riva settentrionale dello sciot Melrir, traverso a terre palustri e malsane, constatando profondità variabili da 22 a 27 metri sotto il livello del mare. Ai pozzi di Baagia si avvide che la depressione scema, si restringe, tocca lo zero e lo supera alle dune di Zeninim, che separano il Melrir dal Rharsa; constatò in pari tempo che la bassura di El Aslugi è a 3 metri sul mare. Allora la spedizione seguì la frontiera tunisina per studiare il tratto meridionale della bassura del Melrir, dove si collega con quella del Gierid, e al pozzo di Bir el Araf trovarono un'altezza di 34 metri, che nelle oasi del Suf raggiunge i 60 e gli 80. Perciò il capitano Roudaire, che non aveva perdute le sue speranze, tornò a Zeninim, si diresse verso lo sciot El Rharsa, a 15 chilometri, dove ritrovò la depressione, e la seguì fino alla frontiera, la quale aveva ordini severi di non oltrepassare, sebbene «la nessuna sicurezza che regna in tutta quella zona la renda quasi del tutto deserta». Così in cinque mesi avevano rilevato 650 chilometri intorno al Melrir ed alla punta occidentale dello sciot di Rharsa, constatando una vasta bassura, corrispondente alle previsioni, sebbene dovessero già presagire che le difficoltà erano molto maggiori di quelle su cui si contava.