La luce che suol dar principio e vitaE moto e senso a tutti gli animanti;
Poi vo' che prenda un giovanetto toro,
Che pur or curvi le sue prime cornaE non arrivi ancora al terzo maggio,
E con le nari e la bavosa boccaSoffi mugghiando fuori orribil tuono;
D'indi con rami ben nodosi e graviTanto lo batterai che caschi in terra,
E fatto questo chiudilo in quel loco,
Ponendo sotto lui popoli e salci,
E sopra cassia con serpillo e timo;
E nel principio sia di primaveraQuando le grue tornando a le fredde alpi
Scrivon per l'aere liquido e tranquilloLa biforcata lettera de i Greci.
In questo tempo da le tenere ossaIl tepefatto umor bollendo ondeggia
(O potenza di Dio quanto sei grande,
Quanto mirabil!); d'ogni parte alloraTu vedi pullular quegli animali,
Informi prima, tronchi e senza piedi,
Senz'ali, vermi, e ch'hanno appena il moto.
Poscia in quel punto quel bel spirto infusoSpira e figura i pič, le braccia e l'ale,
E di vaghi color le pinge e inaura.
Ond'elle fatte rilucenti e belleSpiegano all'aria le stridenti penne,
Che par che siano una rorante pioggiaSpinta dal vento in cui fiammeggi il sole,
O le saette lucide che i Parti,
Ferocissima gente, ed ora i Turchi
Scuoton da i nervi degl'incurvat'archi.
Non mancarono molt'altri poeti e tra i Greci e tra' Latini che accennassero questo nascimento dell'api, e particolarmente Fileta di Coo, che fu maestro di Tolomeo Filadelfo, Archelao Ateniese, o Milesio citato da Varrone, Filone Tarsense nella descrizione del suo famosissimo antidoto, Giorgio Pisida, Nicandro e gentilmente Ovidio nel decimoquinto delle Trasformazioni:
| |
Greci Dio Parti Turchi Greci Latini Fileta Coo Tolomeo Filadelfo Archelao Ateniese Milesio Varrone Filone Tarsense Giorgio Pisida Nicandro Ovidio Trasformazioni
|