Se ciò veramente nelle carni di questo serpente avvenga, non voglio intrigarmi a favellarne perché non ne ho fatto l'esperienza, né credo per ora di poterla fare: voglio bene dentro all'animo mio fermamente credere che, siccome ho trovata essere una menzogna la nascita di tutti quegli altri insetti dalle carni de' muli, degli asini e de' cavalli, così favoloso non meno sia dal morto ed imputridito coccodrillo il nascimento delle vespe e degli scorpioni. Favoloso nella stessa maniera con più e diversi esperimenti ho ritrovato che gli scorpioni possano nascere da' granchi sotterrati, come lo scrissero Fortunio Liceto, Gio. Batista Porta, il Grevino, il Moufeto ed il Nierembergio, i quali con troppa credulità e troppo alla buona impararono questa dottrina da Plinio, e Plinio forse da Ovidio nelle Trasformazioni:
Concava littoreo demas si brachia cancro,
Caetera supponas terrae, de parte sepultaScorpius exibit caudaque minabitur unca.
Ma Plinio al detto da Ovidio aggiunse una di quelle condizioni che tanto dalla plebe son tenute in venerazione, cioè che quest'opera si facesse in quei giorni appunto che il Sole fa il suo viaggio nel segno del Granchio: Sole Cancri signum transeunte, et ipsorum, cum exanimati sint, corpus transfigurari in scorpiones, narratur in sicco. Questa favola non fu mica creduta da Tommaso Bartolino, uomo per universale consentimento annoverato tra' maggiori e più rinomati medici e notomisti dell'età presente e della passata; conciossiecosaché in una lettera scritta all'eruditissimo Filippo Jacopo Sachs afferma costantemente di aver osservato che in Danimarca, dov'è grandissima abbondanza di granchi, da' lor cadaveri putrefatti e corrotti non nascono gli scorpioni.
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