Miglior pensiero fu quello del grande Aristotile che insegnò esser generati gli scorpioni dalla congiunzione de' maschi e delle femmine, le quali non figliano poi l'uova, come costumano molti altri insetti, ma bensì partoriscono gli scorpioncini vivi e secondo la loro spezie perfetti. Il che non fu negato né da Plinio nel capitolo venticinque del libro undecimo, né da Eliano nel libro sesto del capitolo ventesimo, e fu minutamente osservato da Tommaso Furenio e dall'eruditissimo Giovanni Rodio nelle sue Osservazioni medicinali. Ancora io, provando e riprovando, ne feci l'esperienza; ed essendomi stata portata una gran quantità di scorpioni dalle montagne di Pistoia, scelsi alcune femmine, le quali, più grandi e più grosse de' maschi, benissimo si distinguono da essi maschi, ed il giorno venti di luglio separatamente le serrai, senza dar lor cosa alcuna da potersi cibare, in alcuni vasi di vetro, ne' quali alcune morirono avanti al parto; ma una il dì cinque di agosto partorì non undici scorpioncini, come crederono Plinio ed Aristotile, ma bensì trentotto benissimo formati e di colore bianco lattato che di giorno in giorno si cangiava in color di ruggine; ed un'altra femmina, in un altro vaso rinchiusa, il dì sei del suddetto mese ne figliò venzette dello stesso colore de' primi; e tanto gli uni quanto gli altri stavano appiccati sopra il dorso e sotto il ventre della madre, ed il giorno decimonono erano tutti vivi; ma da lì avanti ne cominciò ogni giorno a morir qualcheduno; e due soli arrivarono ad esser vivi il giorno ventiquattro di agosto; il quale passato, furono anch'essi da me trovati morti.
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