Non vorrei già che voi, Signor Carlo, credeste che nella nostra Italia fosse così poca dovizia di scorpioni, come pare che ne' suoi tempi l'accennasse Plinio nel libro undecimo della Storia naturale, dicendo: Saepe Psylli, qui reliquarum venena terrarum invehentes, quaestus sui causa peregrinis malis implevere Italiam, hos quoque importare conati sunt. Sed vivere intra Siculi coeli regionem non potuere. Visuntur tamen aliquando in Italia, sed innocui; imperciocché oggigiorno nella sola città di Firenze se ne consumeranno ogni anno, per far l'olio contro veleni, vicino a quattrocento e forse più libbre. Io credo però che Plinio avesse ragione quando affermò che quegli che si trovano in Italia sono innocenti e non velenosi; imperocché infinite volte ho veduto quei contadini, che in Firenze pel sollione gli portano a vendere, liberamente maneggiargli e razzolar colle mani ignude ne' sacchetti pieni, ed esserne sovente punti, e sempre senza un minimo ribrezzo di veleno: e pure tutti questi scorpioni di Toscana sono di quegli che hanno sei nodi, o vertebre che voglian dire, nella coda, i quali per sentimento d'Avicenna son molto più velenosi degli altri.
Se si trovino scorpioni che abbiano più o meno di sei vertebre nella coda, io non lo so, perché non ne ho mai veduti di tal fatta; so bene che gli scrittori non ben s'accordano fra di loro; e Plinio racconta trovarsene di quegli che ne hanno sette e di quelli che ne hanno sei; ed i primi da lui, al contrario di quel che disse Avicenna, sono chiamati più mortiferi degli altri.
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