Quindi alcun'altri sorridendo mi dicono che non fu gran fatto se non morirono gli animali colpiti da quello scorpione di Tunisi, conciossiecosaché eran più di quattro mesi che stava racchiuso in un vaso senza cibarsi, onde poteva aver perduto la velenosa malizia: di più avend'io fatta l'esperienza nel mese di novembre, mi rammentano che Tertulliano, il qual pur era nato nell'Affrica, parlando degli scorpioni, ci lasciò scritto nel principio dello Scorpiaco: Familiare periculi tempus aestas; austra et africo saevitia velificat.
Mi riducono parimente alla memoria che Macrobio, Saturn., lib. I, cap. 21, ebbe a dire: Scorpius hyeme torpescit, et transacta hac, aculeum rursus erigit vi sua, nullum natura damnum ex hyberno tempore perpessa. E che Leone Affricano racconta che nella città di Pescara in Affrica son così numerosi e pestiferi gli scorpioni che quasi tutti gli abitanti vengono sforzati nel tempo della state ad abbandonarla e non vi ritornano se non al novembre.
Questa opposizione non solo è saggiamente fondata, ma ell'è parimente verissima e più e più volte dalla sperienza confermata, come son ora per riferirvi. Quello stesso scorpione le di cui punture nel mese di novembre non aveano avvelenato né il piccion grosso, né la pollastra, né il cagnuolo, continuò a vivere senza cibo tutto l'inverno, serrato in un gran vaso di vetro e, del mese di gennaio, si ridusse così(1) grullo e sbalordito che sembrava se ne volesse morire; ma arrivato al febbraio, ancorché non avesse di che cibarsi, cominciò a ripigliar fiato e spirito bizzarrissimo con forza non ordinaria delle membra, che sempre andò crescendo; quindi avvenne che il dì 23 di febbraio, trovandomi in Pisa con la corte, deliberai di esperimentare se egli avea per ancora ripresa la velenosa e mortifera sua malizia, ed essendo per avventura venuto quella mattina a trovarmi Monsù Carlo Maurel, dotto ed esperimentato chirurgo franzese, strappò la piuma dal petto d'un piccion grosso, e nella parte di già pelata e quasi sanguinosa fece tre volte penetrar profondamente l'ago di quell'iracondo ed arrabbiato scorpione; dal che il piccion grosso cominciò subito a vacillare e con frequenti ansamenti e tremiti andava quasi balordo movendosi in giro.
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