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      Era di color doré e nero nell'ali, nel dorso e nel ventre, col capo tutto nero, sul quale s'alzavano due pennacchini nericci: gli occhi apparivano capellini e la proboscide nera cartilaginosa e arruotolata avanti alla bocca con molti anelli, conforme soglion tener tutte l'altre farfalle: le sei gambe, nel primo fucile o stinco attaccato al petto, eran tutte pelose di color doré sudicio, e negli altri fucili di paonazzo; sul fine d'ogni gamba si vedeva un'unghia, anzi per tutti i fucili e per tutti gli articoli di esse gambe spuntavano le medesime unghie, o uncini o roncigli che sieno. Campò solamente sei giorni.
      A dì dodici di luglio mi fu portato un ramo di quercia, in due foglie del quale erano distesi con bell'ordine più di trenta bruchi, coperti di pelo bianco e corto e per tutto 'l corpo picchiettati di vari colori, giallo, doré, bigio, bianco e nero: il capo aveva un certo color castagno, lustro e tramezzato da un Ypsilon di color giallo. Tutti questi bruchi stavano immobili e riposatamente dormivano; onde avendogli messi in una grande scatola, in capo a due giorni gettarono la spoglia, si svegliarono e subito cominciarono a mangiar foglie di quercia e di farnia; ma più volentieri le prime che le seconde; e continuarono a cibarsene fino al dì ventiduesimo dello stesso mese; ed allora, essendosi rincantucciati per ordine in un angolo della scatola, s'addormentarono di nuovo e dormirono due giorni interi; quindi, essendosi di nuovo spogliati e desti, ed essendo divenuti più grandi e col pelo molto più lungo, mangiavano con gran furia e voracità, e durarono fino al primo d'agosto, nel qual giorno, avendo improvvisamente abbandonato quasi affatto il mangiare, si fecero come sbalorditi, mogi, deboli, più piccoli di corpo, e si erano tutti pelati e appena si moveano, ancorché fossero punti o tocchi; parevano in somma intristiti o infermi; o vero somigliavano a que' vermi da seta che, ammalandosi e quasi marcendo prima di condursi a fare il bozzolo, son chiamati volgarmente vacche; ed in questa forma si trattennero fino alla notte del quarto giorno d'agosto, nella quale sei di questi bruchi, avendo per la terza volta gettata la spoglia, si cangiarono in aurelie o crisalidi di color nericcio, che parevano tanti bambini fasciati, senz'avere né pure un sol filo di seta col quale avessero potuto appiccarsi al coperchio o a' lati della scatola; il che osservando io la mattina seguente, ebbi occasione di veder la maniera con la quale questi bruchi si trasformano in crisalidi; imperocché s'apre e si fende l'esterna spoglia sopra la groppa vicin'al capo, e la spoglia parimente del capo medesimo si divide e si squarcia in due parti, e da quello squarcio comincia la crisalide ad uscir fuora, sempre dimenandosi ed agitandosi; e tanto s'agita e si scontorce, finché abbia tramandata tutta la spoglia fin all'estremità della coda, ed in questo tempo si vede che il capo notabilmente ingrossa e la coda s'assottiglia a tal segno che, quando il bruco s'è finito di convertire in crisalide, la crisalide ha pigliata la figura d'un cono e rimane d'un color verdissimo, tenera e cedente al tatto; ma il color verde, cominciando dall'estremità della coda, appoco appoco si cangia evidentemente per tutto 'l corpo in doré, quindi in rosso e, col mutar di colore, sempre più indurisce la pelle; la gola è l'ultima parte nella quale il verde si cangia in doré; ma quando il doré della gola è diventato rosso, di già tutto 'l restante della crisalide s'è fatto nero o per lo meno vicin'al nero, e s'è tutto indurito; e questa funzione si comincia e si finisce in poco più tempo di mezz'ora: perloché ho avuto campo facilissimo di certificarmene più e più volte.


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Esperienze intorno alla generazione degl'insetti
di Francesco Redi
pagine 127

   





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