È facile il rintracciare per qual cagione le punture delle teste delle Vipere seccate non avvelenino, ed i fuscelli impiastrati col loro liquore velenoso facciano morire, imperocchè la puntura impressa dalla testa secca è una semplice e momentanea puntura del dente, che non lascia liquor velenoso nella piaga: ma il fuscelletto impiastrato, essendo fitto altamente nella carne, e quivi stando qualche tempo, succede, che il veleno, seccato sopra il fuscello, si ammorvidisce e si rinviene, e rinvenuto si rende abile a penetrare ne' fluidi del corpo, ed a cagionar la morte. Ne si dubiti che il morire de' suddetti Colombi, e Pollastrini fosse cagionato non dal veleno, ma dalla ferita, come ferita; perchè non morì veruno di molti altri Colombi, e Pollastri, a' quali feci lo stesso giuoco con semplici fuscelli non impiastrati di veleno viperino: siccome non morirono alcuni altri, a' quali sforacchiai con uno spillo fino a sedici, e a venti volte i grossi muscoli del petto, arrivando all'osso del medesimo petto con le punture.
Tutte queste esperienze le ho rifatte replicatamente ne' mesi di Novembre, e di Dicembre, e di Gennaio, con Vipere pigliate al Settembre, e fatte venir da Napoli dal Sereniss. Granduca Cosimo Terzo mio Signore, succedendone sempre gli avvenimenti simili a' sopraccennati. Solamente ho osservato di vantaggio, che le teste tagliate alle Vipere in quei tre mesi mantengono il veleno per dieci, o per dodici giorni, ed anco più, e meno; secondochè prima, o poi si rasciuga e si risecca nelle guaine de' denti quel liquor velenoso, il quale, per l'apertura della ferita, fatta da essi denti, dee penetrare nelle carni ad infettarne i fluidi.
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