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      Sempre ho l'imagin sua negli occhi miei».
      E sì dicendo per la man mi prese,
      E mi addusse alla stanza, ove tu seiEffigïata sì che fai palese2
      La nobil'alma nel gentil sembiante,
      In che l'amico mio tanto s'accese.
      A te, come a risorta, io trassi innantePreso di meraviglia, e dai coralli
      Del tuo labbro attendea parole sante.
      Le rose e i gigli delle nostre valliTi fiorivano in volto, e fuor ti usciva
      Dagli occhi il lampo de' siderei balli.
      Irradïato di tua luce diva,
      Vid'io converso in mistica Sionne
      Il sacro ostello che d'intorno oliva.
      O benedetta fra le itale donne,
      Prendean vita per te le pinte mura,
      I cherubi arpeggianti e le madonne3;
      E parlavan del Ben che sempre dura,
      E delle rose ch'ei lassuso eternaPer chi si leva dalla terra impura
      All'empireo giardin che mai non verna:
      E tu nell'ineffabile sorrisoSignificasti la tua pace interna.
      Ahi! m'afflisse il mirar nel tuo bel viso,
      Quando alla dolce illusïon fui toltoDa lagrimosi guai che m'han conquiso.
      Era lo sposo tuo che ruppe il moltoDolorar ne' singulti a me d'accanto,
      E presso al caro effigïato voltoMostrando sovra eburnea croce il santo
      Martire del Calvario, ah! ne' sospiri,
      Amore e morte, dir parea col pianto.
      Cittadina del ciel, tu che i martìriPuoi consolargli col benigno raggio
      Che accende l'aurea sfera in cui t'aggiri,
      Deh! tu l'aiuta sì che possa il saggioColla virtù della civil parola
      Far nuovo al Sire ed all'Italia omaggio.
      O grazïoso spirto, a lui deh! volaNel mormorio de' zeffiri söavi
      Onde il Chiuson le afflitte alme consola;
      E di un sorriso rallegrando i gravi


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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino
1864 pagine 263

   





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